Il tema di questa Biennale, “Come Vivremo Insieme”, è risuonato così attuale rispetto a quello che abbiamo vissuto in questo ultimo anno e mezzo nella vita personale e professionale, che abbiamo deciso di andarci tutti insieme.
Per me era la seconda visita e questa edizione mi lascia domande potenti, che porterò con me nella pausa estiva e condivido volentieri con voi.
1. la coscienza degli spazi che abitiamo
Gli spazi che abitiamo modellano o precludono mondi possibili. Questo vale tanto per gli spazi fisici di vita e lavoro, che la pandemia ci offre l’opportunità di ripensare; quanto per gli spazi mentali e gli spazi relazionali. Potremmo dire che la domanda di questa Biennale ricomprende in sé, tra le altre mille cose, tutto il dibattito su smart working, wise working e più recentemente sul quale nuovo senso possa avere tornare in ufficio e come farlo.
Quanta coscienza abbiamo degli spazi in cui siamo immersi? Quanto ci condizionano nel modo di pensare, sentire, agire? Di che tipo di spazi e incontri abbiamo bisogno in questa fase?
2. la leadership a servizio
La natura e gli organismi viventi stanno ispirando le avanguardie artistiche, architettoniche, tecnologiche. In modo analogo, stanno ispirando anche i modelli organizzativi più evoluti, come nel caso di organizzazioni teal, sociocratiche e olocratiche.
Ego to Eco è il titolo di un progetto esposto che si interroga sui modi di progettare comunità umane, basate sui principi della natura.
I funghi, in particolare, si rivelano una fonte di ispirazione inaspettatamente ricca.“Without me you don’t exist”, dicono. “Creatori e facilitatori di vita, i funghi sono resistenti come la roccia e possono trasformarla in suolo attraverso l’edafogenesi.
Formano delle reti di micelio che creano straordinarie connessioni senzienti tra gli alberi. Sono riciclatori [..]. Senza di loro, la vita sulla terra non sarebbe possibile. Mentre guardo l’installazione che me ne mostra mille varietà e ne racconta la vita, il battito di un cuore pulsante, rimbomba per tutta la stanza.
Chi sono i funghi nelle nostre organizzazioni? Li vediamo, valorizziamo, premiamo? O sono invisibili, scontati?
La leadership di un “fungo” si esprime attraverso il servizio, senza il quale la comunità e le prestazioni individuali (che spesso costituiscono gli unici indicatori di performance) non sarebbero possibili o sarebbero ridotte. Forse possiamo imparare dai funghi a dare loro un nome e un riconoscimento.
3. i 13 punti per la pratica dell’organizzazione
La distanza tra il pensiero e l’azione, tra la filosofia e la realtà, tra l’arte e il mondo delle organizzazioni è incolmabile, o forse no?
Questa Biennale è ricca di Manifesti firmati da collettivi di professionisti nati in ogni parte del mondo, su un proposito comune. Uniti da una comunione di intenti e dalla volontà concreta, realizzano progetti e avanzano proposte alle sfide del presente.
Prendiamo, ad esempio, i Tredici punti per la pratica dell’Architettura di Sheng-Yuan Huang e proviamo a leggerli sostituendo alla parola “architettura” la parola “organizzazione”:
- Avere ironia
- Uno stile di vita libero porta un’architettura altrettanto libera.
- Indipendentemente dal fatto che le risorse possano essere limitate, è sempre possibile distinguersi in termini di materialità architettonica e metodi di costruzione.
- Ogni motivo architettonico, se adeguatamente selezionato, può essere purificato per ottenere nuove spazialità.
- Se la coerenza nei confronti di un sistema porta a sviluppare gradualmente un credo e dei valori pertinenti, diversi sistemi possono altrettanto coesistere.
- Avere una disposizione per il fare artigianale.
- Indipendentemente dalla dimensione di un progetto, cercare spazi (leggi processi per un’organizzazione) che possano avere presenza, spazi fluidi, spazi che comunichino intimità.
- Durante i periodi in cui mancano risorse, preferire metodi di costruzione semplici. Spesso questi sono sobri e adeguati alle necessità.
- Immaginare scenari di sviluppo futuri, senza limitarsi a imparare dal presente.
- Dare possibilità alla ricerca di nuove possibilità spaziali e riconoscere il valore che le trasformazioni portate dalla vita danno all’architettura.
- Quell’odore “autentico” che sale dalla terra appena rivoltata.
- Una strategia progettuale guidata da standard tanto locali e contestuali, quanto globali.
- Essere sempre ottimisti.
Qual è il nostro manifesto? Quali progetti genera? È un documento polveroso o la cartina di tornasole del nostro agire e di conversazioni di sviluppo finalmente stimolanti?
Torniamo a rendere ispirazione e pensiero rilevanti e concreti.
Lasciatevi provocare per immaginare “come vivremo insieme”!
Come si intuisce da questo breve racconto, come museologa e come Peopleriser non posso non consigliare un passaggio a Venezia per scoprire questa Biennale.
Andate con un amico, un famigliare, un collega. Andate e dialogate con i progetti esposti portando la realtà delle vostre sfide e le vostre domande. Lasciatevi provocare, stimolare, destrutturare, ispirare, sorprendere.
…e se vi va di raccontarmi come è andata, scrivetemi! Qui la mia mail: elena.crudo@peoplerise.net
Sicuramente noi torneremo con i nostri clienti per chiderci “come vivremo insieme”?.