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MASTERCHEF: TALENTO E TEAMWORK

E’ finito da qualche settimana l’ultima edizione di Masterchef, programma di competizione tra chef amatoriali di cui mi ero appassionato, e non poco, lo ammetto!

 

Ogni Giovedì sera, messi a letto i bimbi, lo guardavo insieme alla mia compagna.

 

Lo guardavo – deformazione professionale – anche sotto un profilo di management; devo dire che mi ha dato delle chiavi di lettura molto interessanti sul tema del teamwork.

 

In che senso? Vediamo prima come funziona Masterchef.

 

Il gioco è una competizione tra aspiranti chef, giudicati da 3 giudici su una serie di prove: la mistery box, l’invention test, la prova in esterna e infine il pressure test.

 

Si tratta di una sfida individuale, tutti contro tutti, dove vince il più talentuoso e, a volte, fortunato. Essendo impostato in tal modo, emergono durante l’avanzare delle puntate i migliori talenti, mentre vengono eliminati i peggiori. C’è tuttavia un momento in cui questi 15-20 aspiranti chef devono anche giocare in squadra per poter vincere, durante la prova in esterna. L’obiettivo di questa prova è preparare il miglior menù in poco tempo. Viene designato un leader per ognuna delle due squadre, il quale ha il compito di scegliere i vari componenti del team e di guidarli durante la prova.  Poi inizia la gara vera e propria.

 

Leader autoritari, leader poco autorevoli, componenti del team in conflitto distruttivo, componenti del team allineati all’obiettivo comune: le dinamiche che si vedono sono proprio quelle tipiche del funzionamento (o dis-funzionamento) di team che raccontiamo ai nostri clienti.  E qui è scattato il mio interesse.

 

Che richiede prima una piccola parentesi.

 

In Peoplerise ciò che stiamo provando a fare ogni giorno è  lavorare come fa il marketing con il mondo customer. Questo approccio consiste nell’utilizzo di insights analitici che guidano le nostre scelte nel mondo del people management, lavorando quindi meno sul “fidati” e sulle “guruship” tipiche del mondo HR, e più su azioni suffragate da dati. Il modello innovativo di people management di Google ne è un esempio: http://t.co/bnQ55je0kC .

 

Tra tutte le aree di studio che abbiamo raccolto e su cui stiamo lavorando ce n’è una realmente difficile da misurare in modo preciso: il valore che il teamwork dà all’ultima linea di conto economico. Lo stesso Lencioni, nostro riferimento metodologico nel lavoro con i team, raccontando come il teamwork è il vero vantaggio competitivo sostenibile per le aziende, ne evidenzia la sua non chiara misurabilità: ne va così accettato, quasi ideologicamente, il valore aggiunto. Teamwork che significa fiducia reciproca, capacità di stare nel conflitto, voglia di impegnarsi e assumersi le responsabilità per raggiungere obiettivi comuni (vedi figura 1).

Fig.1: Lencioni,P.,2011, The five dysfunctions of a team: A leadership fable, Jossey Bass

Per questo desiderio di misurare empiricamente il contributo del teamwork al risultato finale, ho trovato in Masterchef un’ottima cavia, non tanto per fare uno studio statistico preciso, quanto per vedere con occhi attenti e critici i risultati del teamwork in un gioco semplice ed immediato. Ed i risultati non sono stati esattamente quelli che mi aspettavo. Ma torniamo a Masterchef.

 

Le due squadre iniziano a competere (e lo faranno con assetti diversi per 6 volte nel corso del programma). Inizio a osservare le dinamiche delle due squadre: dove le 5 disfunzioni di team vengono applicate e dove invece no. Rimango deluso: nelle prime due prove in esterna il legame tra team che lavora bene e successo non è così chiaro: la squadra che vince non è quella che lavora meglio. Comincio istintivamente a pensare che forse il teamwork come lo pensiamo noi non è l’ingrediente di successo.

 

Terza prova in esterna: gli aspiranti chef iniziano a rimanere pochi, ed i migliori. Ed ecco che il trend cambia: la squadra con un miglior teamwork vince! E così anche nella quarta, quinta e sesta prova in esterna. Il teamwork ha fatto la differenza, anche su squadre in cui il talento era meno presente.

 

Ma perché queste due diverse situazioni? Perché all’inizio il teamwork non faceva la differenza? Poi mi si è accesa una lampadina. C’è una situazione in cui il teamwork può non essere il principale vantaggio competitivo: può essere utile sì, ma non fondamentale, non distintivo. Cioè quando la competizione è ad un livello più basso. Se voglio competere a bassi livelli, allora avere uno o due talenti in squadra può permettere di farmi vincere le sfide. Ma quando la competizione sale ad alti livelli, quando lo chef più debole ha comunque un discreto talento, avere uno o due chef di talento maggiore degli altri non basta più. Bisogna lavorare bene come team per vincere la sfida.

 

Pensate al nostro mondo di oggi: iper-competizione su scala globale e guerra di talenti. Ecco perché il teamwork è realmente diventato leva di successo fondamentale: fa la differenza tra i bravi e i molto bravi, dove i mediocri non sono più ammessi. Che ne pensate? E nelle vostre realtà come funziona il teamwork?

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