Avete presente quando le aziende comunicano che sarà implementato un nuovo sistema gestionale, che aiuterà i dipendenti ad essere più rapidi ed efficaci nel disbrigo delle pratiche e loro, invece di fare salti di gioia, si mettono le mani nei capelli? Avete presente quel senso di lentezza che segue le pachidermiche settimane di analisi e di pianificazione? E poi il sentimento di frustrazione e difficoltà di implementazione vissuta durante la fase di training e adozione?
Se sì, significa che conoscete bene anche voi gli effetti tipici di un’implementazione di un sistema gestionale fatta secondo un tradizionale approccio a cascata (waterfall). In tal caso, potreste aver pensato che sia inevitabile e che la demotivazione e i rallentamenti non siano che effetti collaterali di una giustificabile pratica di adozione.
Ebbene (RULLI DI TAMBURI), non dev’essere necessariamente così. Anzi!
Sia un’innovazione tecnologica di tipo gestionale, che un processo di digitalizzazione, possono essere vissute da un’azienda come l’opportunità per:
- dare nuovo lustro ai propri valori,
- apprendere un nuovo modo di lavorare insieme,
- ricreare un senso di corporate community,
- creare un nuovo capitolo della storia della propria identità.
Come? Mettendo le persone al centro di un percorso di ripensamento del proprio lavoro che viaggi, invece che con le tempistiche di un elefante, con quelle snelle e agili di un furetto.
Ma perché in queste situazioni è meglio procedere come un furetto? Perché è inutile in contesti in cui è impossibile prevedere che se compio l’azione A otterrò B come risultato, spendere troppo tempo in lunghi processi di analisi. B, quasi certamente, non uscirebbe fuori lo stesso e magari non è neppure ciò di cui ho veramente bisogno. Molto meglio investire tempo per capire quali opportunità possiamo creare con questa adozione, che cosa è importante per la comunità di lavoratori in questo o quel processo e quali valori si vogliono coltivare mentre si lavora insieme. In sostanza, è meglio investire nel creare uno spazio dialogico di corporate community, che dia voce alle storie degli utilizzatori e alle loro aspirazioni più alte.
- Il primo passo è supportare la direzione strategica, gli sviluppatori e le persone che utilizzeranno i sistemi gestionali affinché possano riflettere insieme su che cosa cercano e che cosa trovano nei diversi cicli di utilizzo e di test.
- Una volta fatto questo si può iniziare a testare dei rilasci base degli applicativi, raccogliendo feedback e storie di utilizzo, per aderire sempre più da vicino a ciò di cui quelle persone, con quei valori, quei ritmi, quelle abitudini, hanno bisogno.
Quindi, mentre nell’approccio più tradizionale d’implementazione dei sistemi gestionali la maggior parte del tempo è speso in attività di analisi e pianificazione, con un approccio agile si finalizzano piccole parti di software, per poi farle testare alle persone, raccogliere il loro feedback, apportare i cambiamenti necessari per step successivi, fino alla realizzazione dell’applicativo finito.
Questo approccio può essere applicato all’operatività, ma può diventare anche un modello mentale per lavorare insieme, dove i pilastri dell’agilità – trasparenza, adattabilità e prototipizzazione continua – diventano dei capisaldi valoriali.
Per aiutare le aziende a dare nuova vita alla loro identità di business, creando team coesi che riflettano assieme e diano significato al proprio sviluppo, è essenziale far vedere loro come questi interventi tecnologici, anche con il supporto strategico della comunicazione interna, possano essere magnifiche opportunità per dare visibilità alla corporate identity. Come, per esempio riusciamo a fare lavorando con quegli sviluppatori che abbracciano l’approccio di agilità come Ccelera –HR tech, specializzata nell’implementazione del sistema gestionale Success Factor.
Ma perché l’azienda dovrebbe voler adottare questo modo di pensare agile? E perché conviene anche agli implementatori? Ecco alcune delle tante buone ragioni.
Pro per le aziende:
- adozioni più facili: coinvolgendo la comunità di utilizzatori e capendone i bisogni, permette di creare un bacino di alleati per un’adozione voluta dal basso;
- più realismo: al posto di soli requirements rigidi di cui si perde il senso, l’agilità permette di essere più aderenti alle aspirazioni reali degli utilizzatori. Analisi teoriche. Più empirismo;
- meno attaccamento emotivo: l’approccio con prototipo consente di disegnare bozze a cui si ha poco tempo per affezionarsi. I cambiamenti e il miglioramento continuo risultano così più semplici da adottare;
- ottime occasioni di corporate identity.
Pro per gli implementatori:
- avere un nuovo punto di vista: l’agile è sempre più spesso inserito nei sistemi gestionali by design. Tanto vale esplorarne le massime potenzialità, non solo lato tecnologia ma anche e soprattutto lato people;
- più tempo per fare ciò che sapete fare al meglio: il principio di semplicità vi permette di focalizzarvi su un’implementazione che funzioni per il cliente, minimizzando il tempo speso per analisi e documentazione;
- più stimoli creativi: se ascolto il bisogno dietro il requisito, avrò più modi per soddisfarlo.
Il risultato per entrambi è una minimizzazione dei rischi poiché la logica iterativa anticipa gli imprevisti. Le diverse versioni che vengono rilasciate infatti non hanno l’obiettivo di soddisfare al 100% le richieste, ma rappresentano delle domande che mirano a capire dove si può migliorare e in che modo. Questo significa che l’errore diventa tale solo nel momento in cui non si impara dai feedback.
Vi abbiamo incuriosito? Se siete interessati ad approfondire, il 15 settembre ci trovate a Venezia all’Agile Business Day 2018 di cui quest’anno Peoplerise è media partner.