Condivido con con voi una mia intervista tratta da una bella chiacchierata con Alessandra Zennaro di Smartweek.it, relativa al progetto di ricerca Engagement Radar, portato avanti in collaborazione con il DSeA dell’Università degli Studi di Padova.
l’intro sul progetto di ricerca
“Studi recenti hanno dimostrato che una profonda e vera attenzione alle persone può diventare l’elemento distintivo per portare le aziende al successo. Questo è possibile soprattutto grazie allo sviluppo di elevati livelli di employee engagement, concetto multidimensionale che tiene conto di motivazione, fidelizzazione, commitment e influenza dei collaboratori.
Motivazione al 110%, fedeltà al brand azienda, desiderio di promuoverlo dentro e fuori l’organizzazione e orgoglio di essere parte dell’azienda: queste sono le caratteristiche che portano un collaboratore ad essere “engaged” e ad aumentare i suoi livelli di performance a beneficio dell’intera organizzazione.
Profondamente conviti di questo, Peoplerise, società di consulenza specializzata nel supportare le imprese a raggiungere il loro “next level” nelle aree di engagement dei dipendenti, miglioramento della performance e sviluppo di modelli organizzativi basati sulla collaborazione; Culture Amp, software company con sede a Melbourne, Australia, che fornisce piattaforme d’indagine come Murmur, sofisticato strumento in-house per la misurazione dell’engagement e per le indagini sul personale, e Fondazione CUOA, la prima Business School del Nordest che da oltre 50 anni forma la nuova classe manageriale e imprenditoriale, hanno dato avvio al progetto Engagement Radar con lo scopo di studiare i livelli di employee engagement nelle aziende italiane, attraverso un questionario compilabile online e rivolto a collaboratori che operano in qualsiasi settore industriale e ambito organizzativo.
Ma lasciamo la parola a uno dei promotori di questo progetto, il consulente Peoplerise Alessandro Rossi.
1. Alessandro, quali sono gli obiettivi che si pone il progetto Engagement Radar?
Ciao! Un primo obiettivo è legato certamente allo “studio” di questa tematica: verificare in Italia quali sono i livelli di engagement quali i fattori che lo influenzano. Un secondo obiettivo è quello di creare attenzione ed interesse sul tema dell’engagement. Le nostre organizzazioni sono spesso legate a un modello di “comando e controllo” che fa fatica a trovare punti di connessione con lo sviluppo dell’engagement dei collaboratori, che si traduce poi in migliori risultati per l’azienda stessa. Portare questo tema al centro delle discussioni con numeri alla mano può essere un buon modo per avviare un dialogo su questa tematica.
2. Cosa vi spinge a promuovere con convinzione l’engagement nell’ambiente di lavoro?
Spingere è una “parolona”: noi possiamo solo affiancarci a imprenditori e manager che abbiano voglia di creare organizzazioni collaborative tramite una profonda attenzione allo sviluppo dell’engagement e insieme a loro costruire.La convinzione è sintetizzata nel nostro “payoff”: “People will always be essential”. L’azienda non è una macchina senz’anima, è un insieme di persone che sulla base delle proprie capacità di collaborare possono produrre risultati eccezionali. Nei primi del ‘900 Ford si domandava “Why is it every time I ask for a pair of hands, they come with a brain attached?”. Ecco i tempi sono cambiati: competizione globale, accelerazione dei cambiamenti, complessità, si possono affrontare solo con testa, cuore e mani insieme!
3. Nella vostra esperienza di consulenti come aiutate le aziende a rafforzare questo stato cognitivo ed emotivo positivo nei collaboratori?
Credo ci siano una serie di ingredienti per riuscire a lavorare su questa tematica:
1- Un CEO e un team di vertice realmente convinti dell’importanza dell’engagement. Se non vi è questo, il primo punto è costruire insieme le basi di lavoro.
2- L’importanza del co-disegnare le iniziative con le persone coinvolte. Se pensiamo alla nostra vita personale e professionale, il principio è molto semplice: quando veniamo coinvolti in un progetto o in una decisione fin dall’inizio, potendo dare un contributo, tale decisione diviene anche un po’ nostra, e quindi saremo più pro-attivi a portarla avanti
3- La costante vista sul cliente: parlare di engagement in un’azienda senza guardare al cliente rischia di diventare un esercizio con minori effetti sul cambiamento reale.
4- La costante ricerca di connettere lo sviluppo individuale allo sviluppo organizzativo: una persona trova energia quando ciò che gli interessa è in linea con ciò che l’azienda gli chiede di fare.
4. A vostro parere, quali sono gli elementi imprescindibili che portano un collaboratore ad essere veramente “engaged”?
L’engagement radar ha una domanda aperta alla fine del questionario: “qual è secondo te in una parola la chiave di successo per rendere l’organizzazione ad elevato engagement?”. Dei circa 800 commenti, i più gettonati sono stati quelli che iniziano con il prefisso “CO”: co-involgimento, co-llaborazione, co-ndivisione, co-municazione, co-creazione. Fare le cose realmente insieme, lasciando responsabilità e libertà d’agire, è la chiave per l’engagement di un individuo. Così facendo le persone “non engaged” escono dalle organizzazioni poiché semplicemente non trovano un senso. Quando invece si vive in organizzazioni che tramite il controllo e la gerarchia de-responsabilizzano gli individui, allora è più facile attivare critiche e lamentele verso “quello che stanno facendo lassù in alto”.
5. Come si può misurare il livello di engagement dei collaboratori?
Il questionario come strumento continua a farla da padrona; Murmur, utilizzato da noi per l’engagement radar, è sicuramente uno dei più evoluti e strutturati, tanto da essere una vera e propria piattaforma di misurazione più che un semplice questionario. Ma anche “SurveyMonkey” è uno strumento semi gratuito che permette di avviare questionari “fatti in casa” a costo zero o quasi. In futuro potremmo vedere delle evoluzioni legate a come misuriamo l’engagement tramite un approccio più simile alla misurazione dell’engagement lato cliente: le carte fedeltà e le reali transazioni economiche che il cliente fa. Lato dipendente, questo è uno scenario che non ha ancora trovato una risposta credibile.
In termini di domande si è passati a indici di engagement da almeno 3 domande: compilando l’Engagement Radar troverete disponibili i contenuti del questionario classico di misurazione dell’engagement.
6. In base alla vostra esperienza, quanto incide avere collaboratori “engaged” sul raggiungimento dei risultati aziendali attesi?
E’ fondamentale. Ed è anche un tema di buon senso capirlo. La particolarità risiede nella “predittività”: un po’ come nel lavoro dell’agricoltore, chi lavora bene sul terreno oggi ne vedrà i frutti domani. Tuttavia, affrontare l’engagement con un approccio puramente scientifico e razionale è un elemento di potenziale rischio: è molto più facile misurare l’efficienza delle economie di scala rispetto all’inefficienza delle dis-economie di dis-engagement. Eppure quale delle due ha impatti più importanti?