DEIB e Teal: due alleati per la fioritura delle organizzazioni
Esiste una grande armonia tra i principi Teal e una cultura DEIB (Diversity, Equity, Inclusion, Belonging). Possiamo dire che i primi siano propedeutici alla seconda, e che la DEIB offra un linguaggio, delle pratiche e forme organizzative che rafforzano un’organizzazione Teal.
Proviamo quindi a ripercorrere i pilastri del paradigma organizzativo Teal, dal punto di vista della Diversità, Equità e Inclusione e vediamo quali punti di contatto emergono.
1. Proposito evolutivo >< unicità
Le realtà Teal considerano l’organizzazione come un organismo vivente, con una vita e un senso di direzione propri. Invece di cercare di prevedere e controllare il futuro, i membri dell’organizzazione sono invitati ad ascoltare cosa l’organizzazione chiede di diventare. Quale scopo vuole servire e perché? Il proposito evolutivo è un elemento “vivente” che guida le decisioni. Non è statico, ma evolve nel tempo in risposta alle esigenze dell’organizzazione e del contesto in cui opera.
Affinché questo si traduca in azioni quotidiane, ogni collaboratore è invitato a riflettere sul proprio proposito personale. Come quest’ultimo può contribuire allo scopo più ampio dell’organizzazione?
L’invito ad approfondire la conoscenza del proprio proposito e di quello dei collaboratori è una chiamata a riconoscere e valorizzare la diversità. L’unicità del contributo che ciascuno può portare nella organizzazione e, in senso più ampio, nei contesti di vita di cui è parte, è il punto di partenza di una relazione sana con chi è diverso da noi. È alla base di una convivenza generativa di prospettive multiple e dei migliori frutti di intelligenza collettiva, che ottengono i contesti innovativi, che investono continuativamente sulla costruzione di una cultura della consapevolezza.
2. Auto-organizzazione >< auto-rappresentanza
Per mettere al centro il proposito è essenziale che le unicità abbiano voce. Su questo le esperienze DEIB ci offrono visioni mature e pratiche che migliorano i processi di ascolto.
Chi appartiene a una minoranza è spesso soggetto ad ascoltare una narrazione di sé filtrata dalla lente della maggioranza o della “normalità”. Il diritto di auto-rappresentanza, ossia la possibilità di parlare per sé stessi, ad oggi, non è ancora un diritto scontato. In azienda, nei processi e nei progetti è possibile incentivare l’auto-rappresentanza, riconoscendo il valore della narrazione in prima persona e dando così vita a un sistema che conosce e non «immagina» sé stesso.
Affinché l’auto-rappresentanza sia possibile, serve garantire spazi di sicurezza psicologica in cui le persone possano confrontarsi. E agire sia per affinità (laddove un gruppo senta l’esigenza di condividere le proprie caratteristiche, esperienze, modalità sociali, identità), che per trasversalità, dove le diverse componenti di un sistema si ritrovano intorno ad un tema di comune interesse.
La forma organizzativa DEIB, che esprime al meglio queste possibilità, è quella degli ERGs Employees Resource Groups, nati proprio per valorizzare la competenza esperienziale della diversità e farne un tesoro per il miglioramento del benessere dei singoli, dell’organizzazione, del business. Gli ERGs sono cioè una forma di auto-organizzazione, altro pilastro della cultura Teal che genera proposte e realizza progetti di innovazione e miglioramento sia interno che di business. Agli ERG dedicheremo un approfondimento nel prossimo articolo.
3. Pienezza >< inclusione e intersezionalità
Il terzo pilastro dell’organizzazione Teal è la Pienezza. Frederic Laloux nel libro Reinventare le organizzazioni descrive come tendiamo a portare soltanto una piccola parte di noi stessi al lavoro, quella maschile-razionale, che soprattutto nel mondo occidentale tende ad essere quella culturalmente più accettata. Tuttavia, è nei restanti 15/16 che è accumulato il potenziale inespresso di un’organizzazione e il benessere dei collaboratori.
Per liberarlo, è necessario rivedere i processi decisionali con maggiore consapevolezza delle dinamiche di potere che implicitamente veicolano. Disegnare riunioni che sappiano includere, rendere più equi i processi di recruitment e valutazione della performance, creare momenti di ascolto e raccolta di dati quantitativi e qualitativi per capire gli snodi migliorabili. Questi alcuni processi che uniscono i concetti DEIB e Teal.
“Storicamente, le persone spesso sentono di dover escludere una parte di ciò che sono quando al mattino si vestono per andare al lavoro. Indossano una maschera professionale in conformità con le aspettative del posto di lavoro. Nella maggior parte dei casi, ciò significa mettere in mostra una volontà maschile, mostrando determinazione e forza, nascondendo dubbi e vulnerabilità. Gli aspetti femminili del sé – prendersi cura, fare domande, invitare – sono spesso trascurati o fatti sparire. La razionalità è valutata come superiore a tutte le altre forme di intelligenza; nella maggior parte dei posti di lavoro le componenti emotive, intuitive, spirituali di noi stessi vengono percepite come sgradite e fuori luogo.”
Questo paragrafo di Laloux richiama un aspetto centrale del lavoro sulla DEIB.
Le differenze non sono solo fuori, ma anche dentro di noi. Ogni volta che lasciamo indietro un aspetto di noi, tagliamo fuori una parte del nostro potenziale, della creatività ed energia.
Al contrario, molte cose nuove cominciano ad accadere quando osiamo e possiamo portare al lavoro le nostre diverse identità sociali. I luoghi di lavoro oggi sono lo spazio sociale in cui trascorriamo più tempo nella vita adulta, secondo solo alla famiglia, nella maggior parte dei casi. Il lavoro diventa quindi un veicolo grazie al quale possiamo aiutarci a vicenda nel manifestare i nostri talenti, oppure ostacolarci, e i risultati sono tangibili in termini di motivazione, performance, retention e risultati.
Affinchè questo avvenga, serve supportare i leader a ribilanciare le proprie qualità di leadership maschili e femminili e coltivare un approccio intersezionale.
DEIB e Teal: il valore dell’Intersezionalità
Essere intersezionali significa, tra le altre cose, attingere alle competenze che ci derivano dalle identità sociali che viviamo nella vita quotidiana: essere madri e padri, figl*, sorelle e fratelli, ma anche caregiver, portatori di retroterra culturali e linguistici diversi e molto altro.
Le diversità sociali sono interconnesse e insieme compongono un sistema di competenze molto ricco e poco valorizzato. (In questo video si può vedere esempio delle competenze sviluppate grazie alla genitorialità)
La DEIB, così come la Teal, ci mostrano che se questa ricchezza è benvenuta e orchestrata bene, migliora il benessere, il senso di appartenenza, riduce i punti ciechi del business e accresce la generatività e la resilienza dei gruppi e dell’organizzazione.
Al contrario, se queste identità sociali vengono separate e divengono categorie (genere, etnia, diversa abilità, orientamento sessuale, età, nazionalità…) possono dare origine a svariate forme di paura, discriminazione, oppressione (razzismo, sessismo, abilismo, omofobia, transfobia, specismo e tutti i pregiudizi basati sull’intolleranza)[1].
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[1] Kimberlé Crenshaw, una giurista e attivista statunitense, ha introdotto il termine “intersezionalità” nel 1989, per descrivere come diverse forme di oppressione e discriminazione possono sovrapporsi e influenzare le persone che appartengono a più gruppi marginalizzati. Per maggiori approfondimenti a questo link potete vedere il suo Ted Talk.
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Perché questa transizione non sempre accade?
Scrive Laloux: “C’è in gioco una cospirazione di paure, che coinvolge tanto i dipendenti quanto le organizzazioni. Queste ultime temono che se le persone portassero tutte se stesse al lavoro, tutto finirebbe rapidamente in un pasticcio. [..] i dipendenti dal canto loro, temono che se facessero vedere tutto ciò che sono realmente potrebbero esporsi alle critiche e al ridicolo e dare l’impressione di essere strani e fuori posto”.
Queste paure sono umane: il timore di mettere in discussione le convinzioni su cui abbiamo costruito i nostri modi di organizzare team, progetti, modi di lavorare ci fa sentire il rischio che possa prevalere il caos, che “si possa perdere il controllo” e questo ostacola innovazioni ed evoluzioni, perché metterci in discussione è faticoso e richiede di fermarsi e riflettere.
A livello macro, viviamo immersi in una visione dell’economia basata a sua volta su principi obsoleti, non inclusivi e non al passo con la contemporaneità. Gli studi di Claudia Goldin, che le hanno valso il premio Nobel per l’economia lo hanno accuratamente argomentato e dimostrato.
La buona notizia è che ci sono ormai conoscenze, esperienze, strumenti che possono aiutarci a prendere decisioni e modellare organizzazioni non guidati dalla paura.
Kanheman ci ha dimostrato già dagli anni ’90 che seppur tendiamo a identificarci di più con la parte razionale del nostro pensiero, il 95% delle decisioni il nostro cervello le prende su base intuitiva. L’intuizione può essere euristica o esperta ed è proprio questa seconda che le organizzazioni Teal cercano di allenare e potenziare. La DEIB offre visioni, processi e spazi strutturali a supporto.
“Nella pienezza siamo colmi di vita. Nei nostri rapporti con i colleghi, molto di ciò che ha reso il posto di lavoro spiacevole e inefficiente, svanisce. Il lavoro diventa un veicolo in cui ci aiutiamo a vicenda a rivelale la nostra grandezza interiore.”
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