Per me, un’organizzazione senza capi organizza il suo lavoro senza affidarsi al concetto di subordinazione fra persone. _Andrea Farè
Organizzazione senza capi: dalla subordinazione alla relazione
Il concetto di subordinazione è uno dei principi cardine che ha regolato, e regola tutt’oggi, le organizzazioni comunemente chiamate tradizionali. Il principio di subordinazione può essere definito quindi come la base sulla quale i sistemi relazionali nelle organizzazioni tradizionali vengono regolati.
Secondo Andrea Farè, ospite della prima puntata di Let’s Peoplerise with… con Antonio di Stefano e Alessandro Rossi, l’organizzazione senza capi è quell’organizzazione che sovverte queste logiche. Perché con la sovversione delle logiche tradizionali è possibile dare spazio allo sviluppo di dinamiche diverse.
Le dinamiche che ordinano le relazioni nelle organizzazioni possono essere inoltre suddivise in di 2 tipi: organizzative e strutturali. In questo articolo faremo riferimento esclusivamente agli aspetti organizzativi, mentre gli aspetti strutturali necessitano di attenzioni altre e differenti.
Trasformazione organizzativa: a che punto siamo?
Uno dei principali punti di attenzione rispetto alla trasformazioni organizzative in atto è il gap, facilmente rilevabile a livello empirico, fra la crescente consapevolezza sul tema e il reale grado evolutivo delle organizzazioni.
I primi segnali deboli di un movimento di trasformazione delle modalità organizzative nei contesti profit possono essere rilevabili già a partire dagli anni ’80. Infatti, attraverso i movimenti di critica all’ipercapitalismo, alcuni rari dirigenti ai vertici organizzativi hanno iniziato il processo di trasformazione del paradigma di riferimento. Questa evoluzione segna il passaggio da un’economia lineare ad un’economia creativa.
Oggi è possibile osservare una diffusione e proliferazione esponenziale dell’interesse verso i nuovi modi di fare azienda e i nuovi modelli organizzativi. Nello specifico, dopo l’evento pandemico del 2020, la consapevolezza sui i temi legati al benessere delle persone e la distribuzione di potere nelle organizzazioni è aumentata parecchio.
Nonostante ci sia un aumento della consapevolezza rispetto alla necessità evolutiva dei contesti organizzativi, permane un divario fra questa e la reale trasformazione dei sistemi. È proprio su questa distanza fra la situazione ideale e reale che è necessario agire per perseguire un cambiamento evolutivo più radicale.
Un altro elemento discriminante per il livello di avanzamento della trasformazione deriva dall’origine dell’impulso di attivazione. Questo, infatti, può essere interno o esterno. Interno, se al vertice si attiva un moto di trasformazione pioneristico, esterno, se qualcosa dal di fuori costringe l’azienda a cambiare.
Un processo di trasformazione evolutiva
Mi dicevano: “Se vuoi creare le condizioni affinché l’organizzazione si liberi, devi essere pigro”. Qui si collega il tema del let go, il saper mollare, il fidarsi, l’accettare che le cose vengano fatte in maniera diversa. _Antonio Di Stefano
L’attivazione di un processo trasformativo organizzativo ha bisogno di alcuni ingredienti fondamentali:
- definire il DNA del processo
- esplorare in modo partecipato dei limiti e delle possibilità del contesto
- chiarificare le dinamiche di engagement
- distribuire il potere
Verso un’organizzazione senza capi
1) Il primo ingrediente fondamentale è la definizione del DNA del processo. Il processo di trasformazione non può basarsi su presupposti diversi dal risultato che si vuole ottenere. In questo senso, è fondamentale garantire un ambiente caratterizzato dalla sicurezza psicologica, sin dal primo momento di attivazione. Tutte le persone quindi devono sentirsi abilitate e libere di portare il proprio punto di vista al tavolo relativamente al cambiamento che stanno vivendo.
2) La trasformazione evolutiva si sviluppa poi attraverso l’esplorazione partecipata dei limiti e delle possibilità del contesto. Questa esplorazione permette di oltrepassare le situazioni attuali, senza necessariamente rivoluzioni drastiche e traumatiche per l’organizzazione. A questo punto le vie che permettono lo sviluppo di percorsi trasformativi organici spesso partono da sperimentazioni circoscritte in parti del sistema, soprattutto in organizzazioni di grande dimensione. In questo modo le persone iniziano a cambiare i loro comportamenti nella trasformazione delle dinamiche relazionali, mirando ad un assetto senza capi.
3) Serve quindi poi una maggiore chiarezza delle dinamiche di engagement delle persone. Questa chiarificazione permette di fare un primo passo verso l’uscita da dinamiche di subordinazione tipiche dei contesti organizzativi classici. In questo modo, si attivano spazi di sperimentazione che stimolano una massa critica della popolazione aziendale ad un’azione responsabile nella direzione definita. Si deve creare un contesto che inviti le persone a prendersi la responsabilità. Attraverso il coinvolgimento partecipato le persone avranno dati sufficienti per valutare in modo consapevole la validità e la desiderabilità della trasformazione stessa.
4) Un processo evolutivo può essere tale e può avere inizio, solo a patto che esistano persone alleate, che sino a quel momento hanno detenuto il potere. Queste persone, di conseguenza, hanno la necessità di sviluppare un mindset adatto alla distribuzione del potere. Solo se le persone danno nuovi significati alla loro presenza nel contesto organizzativo, quest’ultimo ha la possibilità di evolvere nella sua trasformazione. Decidere insieme, in un modo diverso, sul come strutturarsi e come strutturare le conversazioni fa emergere il valore dell’intelligenza collettiva, avvalorata da un nuovo stile di leadership.
Qualunque altra cosa è meglio della gerarchia, posto che anche la gerarchia funziona, se si ha la fortuna di avere i posti di alto livello gerarchico occupati da persone con uno stile di management adatto al benessere. È questo il problema: la gerarchia non ha dei connotati strutturali per funzionare, ma dipende tutta dallo stile manageriale delle persone. _Andrea Farè